lunedì 23 novembre 2009

Aborto e raschiamento, solo routine?

Ho avuto finalmente il mio primo commentino su questo blog, da una (presumo) lettrice che è voluta rimanere anonima. Solitamente non mi piacciono e tante volte nemmeno accetto commenti anonimi, ma quello che lei mi ha scritto mi ha fatto tornare alla mente i brutti momenti passati e non solo per la situazione che stavo vivendo.
Ma partiamo dall'inizio. Settembre 2008 rimango incinta, non faccio il test per scaramanzia fino a quando mio marito torna da un periodo passato fuori per lavoro. Al suo ritorno quindi lo saluto con un "Ciao papà" dopo un test positivissimo fatto la mattina, ma è praticamente l'ultimo momento di gioia che viviamo per questo avvenimento tanto desiderato.
Il giorno dopo inizio a vedere delle perdite e corriamo all'ospedale: ecogravia transvaginale e classico prelievo del sangue, che per me però è tutto fuorchè una passeggiata in quanto ho un vero e proprio terrore, soprattutto quando mi viene fatto nell'incavo del braccio, punto che non voglio mi si venga nemmeno toccato. Trovo comunque un'infermiera che tenta di capirmi ed essere comprensiva con le mie lacrime a fiumi (avevo capito che quella gravidanza non sarebbe andata a buon fine, sebbene non ci fosse la certezza) e il mio terrore degli aghi.
Torniamo dopo due giorni, seconda ecografia, che mi conferma l'aborto, e secondo prelievo stavolta sono molto più nervosa e l'infermiera non è la stessa: mi tratta come una bambina, mi sgrida e non capisce "tutti i miei piagnistei", non vuole nemmeno farsi dare il cambio dall'altra che impietosita da me, le dice di voler fare lei il prelievo. Risposta seccata "NO! Se lo fa fare da me senza discutere!"...no comment! Io ero totalmente sconvolta per il ricovero immediato, che non reagisco quasi, ma tuttora ho una rabbia incredibile verso quella persona. Il giorno dopo comunque è programmato un raschiamento piuttosto urgente vista la natura particolarmente pericolosa dell'aborto, di cui farò un post specifico, e le cattive sorprese non mancheranno.
Vengo portata quindi in una stanza sola, e se non fosse per il Navigante rimasto al mio fianco praticamente sempre, non avrei visto anima viva per due giorni: vengo lasciata infatti senza padella (non vi dico come il Navigante ha dovuto arrangiarsi...) e con l'impossibilità di muovermi prima dell'intervento, programmato per le undici, ma eseguito all'una. Vengo visitata solo una volta e lasciata andare a casa il giorno dopo con 37,5° di temperatura...questi i due dettagli eclatanti, ma l'intero soggiorno è stato da dimenticare e fortuna che eran solo due giorni!
Non parliamo poi del tatto con cui vengo trattata prima, dopo e durante l'intervento: io ero terrorizzata e sconvolta allo stesso tempo e sembravo semplicemente una cosa inanimata su cui eseguire determinate procedure, nessuna è venuto a parlarmi o a rassicurarmi e sono rimasta in una stanzona ad aspettare per un bel po', affianco a delle stanze dove vi erano delle partoriente...che scelta di cattivo gusto! Quando poi mi hanno riacompagnato in camera sono usciti a vedere se c'era qualcuno con me e non hanno aspettatto nemmeno il tempo necessario per far sì che il Navigante arrivasse alla porta che se ne sono andati lasciandolo lì come uno scemo. Sono arrivata in camera da sola, infatti, con solo tante tante lacrime in corpo e nessuno con cui parlare o sfogarmi; lui è arrivato mezz'ora dopo avermi cercato per mezzo ospedale e chiedendo a ottomila infermieri dove mi avessero portato.
Contate poi che non ero in Italia, ma probabilmente uno degli Stati con più attenzione verso la famiglia di tutta l'Europa, ossia la Spagna. Trattata davvero come un numero e senza un minimo di comprensione verso la persona e la determinata situazione, ancora mi chiedo come potessero essere così insensibili. Io capisco che il raschiamento è ormai una procedura standard, ma non capiscono quanto può essere doloroso, hanno solo una minima idea di quello che può voler dire per una donna a livello psicologico?
Io penso che debba essere contemplato almeno un aiuto psicologico per le donne che come me devono affrontare quest'operazione e si trovino in uno stato di difficoltà come mi sono trovata io. Ammetto che per me è stato quasi più traumatico tutto questo, che l'idea di aver perso il bambino. Solo ora, dopo più di un anno, mi sto effettivamente rendendo conto di aver perso un figlio, di aver subito un lutto e che questo sia molto peggio che tutto il corollario appena descritto. Certo tutto questo non ha di certo aiutato e sono ancora indignata a sentire che il mio non è un caso isolato e che questa sia semplicemente "la routine" per chi ti deve visitare e accudire per quei giorni.

Non vorrei tediarvi ancora e quindi chiudo qui questo discorso, sottolineando come sempre che ogni esperienza diretta, ogni dettaglio, ogni commento è sempre ben accetto.

1 commento:

  1. Arrivo qui per caso e la tua testimonianza mi ricorda da vicino la mia... Sono felice di vedere che tutto si è risolto pe ril meglio, non certo grazie a persone come quei medici, ma alla tua forza e al tuo compagno... Chiara

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